ANVIL - Pounding The Pavement

Steamhammer
Diciassettesimo album dell'epopea metallica Anvil. La band del chitarrista/cantante Steve "Lips" Kudlow e del batterista Robb Reiner, da qualche anno stabilizzatasi nella line-up con il bassista Chris Robertson, dopo aver calcato i palchi di mezzo mondo senza nessun serio stop alla loro carriera, confermano così il loro status di Cult Band del più uncompromising ed ancestrale Sano e Puro Metallo Pesante, sfornando un disco che richiama prepotentemente l'attenzione con tutti gli elementi che da sempre caratterizzano le sonorità del gruppo: nessuna innovazione particolare, potenza allo stato brado e un impatto d'insieme come solo i maestri del genere sanno fare. Non per nulla, LORO sono tra i maestri del genere. La produzione, effettuata da Jörg Uken nel suo Soundlodge Studio in Germania, è verace e potente quanto pulita e ben calibrata, ma l'impatto delle chitarre è al cardiopalma. E l'attacco con il possente riff di "Bitch In The Box" a cui segue la più sostenuta "Ego" fa comprendere al volo di che pasta sono fatti ancora oggi i nostri. Fanno capolino anche delle puntate verso l'Hard più classico, come "Doing What I Want" e "Smash Your Face" ma la potenza sonora rimane incontaminata. La title-track è uno strumentale, tipica cavalcata metallica piuttosto stereotipata... stereotipi che è sempre bello riascoltare.

Con "Rock That Shit" e il suo attacco di batteria fulminante in doppia cassa, e anche con la seguente "Let It Go", ci troviamo ancora in territorio Hard, estremamente rockeggiante, quasi nello stile dei Motorhead meno veloci. Due buone rock song e nient'altro, forse anch'esse leggermente stereotipate, ma tuttosommato coinvolgenti. "Nanook Of The North" è una metal song su mid-tempo scandito da una ritmica di chitarra da spavento, e con un'atmosfera quasi tribale (il testo narra la storia degli Inuit nativi canadesi). Invece in "Black Smoke" si torna a plasmare il metallo più rovente, veloce ed aggressivo che ci sia, con grande gioia del sottoscritto. La pesante e cadenzata "World Of Tomorrow" ha un riff che richiama eccessivamente "Sweet Leaf" dei Black Sabbath, mah... non so che dire. "Warming Up" invece è bella pompata ed energica nel suo ritmo "swingato" e contiene anche delle parti di chitarra solista particolarmente riuscite. Si conclude con la bonus finale "Don't Tell Me", bel classico metallo cadenzato ma non meno energico. OK agli Anvil, allora. Forse non usciranno mai dallo status di Cult Band che si sono costruiti nei decenni scorsi, ma una cosa è certa: metallari prestate rispetto a questa band in nome della loro storicità, e soprattutto del fatto che sarebbe meglio vederli scorrazzare in tour (quello europeo parte dal primo di febbraio in Olanda e si conclude con le date tedesche del 4, 5, e 6 aprile) a dimostrare ai ragazzini di oggi cosa sia il Metal Quello Vero, anziché no. 

Voto: 7/10 

Alessio Secondini Morelli