VISIONOIR, Alessandro Sicur: "Il progressive rock è stato una forte influenza nella mia formazione"


Sei appena uscito sul mercato discografico con un nuovo album in studio, puoi presentarlo ai nostri lettori?

Volentieri:  l’ album “The waving flame of oblivion” è uscito su tutte le piattaforme digitale a fine 2017 e poi è stato stampato in cd in una edizione limitata: comprende nove tracce inedite scritte in un ampio lasso di tempo. Essendo composto da materiale molto eterogeneo risulta piuttosto difficile etichettarlo con un genere preciso: per parte dell’album si potrebbe usare la definizione “PROGRESSIVE DOOM”, vista la presenza di riff piuttosto pesanti in brani dalla struttura articolata (“The hollow men”, “The discouraging doctrine of chance”) . In altri pezzi è invece un approccio più SYNTH-SPACE-ROCK a emergere, per il grande spazio dato a tastiere e synth, generalmente nelle song  più brevi come “Shadowplay” e “Distant Karma”. Mai sopita invece risulta la componente GOTHIC, più evidente nelle parti sinfoniche di brani come “Godspeed Radio Galaxy”, ma sempre presente come mood generale. A livello “commerciale” l’unico contenitore che può inglobare tutte queste componenti è il PROGRESSIVE METAL, che fortunatamente rispetto a una decina di anni fa è diventato decisamente un mondo più variegato e ricco. 


Come si è districata la tua formazione da musicista? 

Ho cominciato con lezioni di piano in età giovanissima, poi la scoperta del rock mi ha portato a passare inizialmente al basso elettrico, che per molti anni è stato il mio strumento principale nelle varie band in cui ho suonato. Ma è avere in mano una chitarra elettrica che fa scoccare in me la scintilla del “RIFF”, che ritengo essere indiscutibilmente l’elemento fondante di tutto il rock e il metal. Il primo demo infatti aveva un carattere sinfonico perché composto soprattutto alle tastiere. Dal qualche anno quindi la chitarra è diventata lo strumento principe per la composizione. Ovviamente non disdegno di sfogarmi con la batteria, anche se a livello di registrazione mi affido alla batteria elettronica come necessario compromesso.

Come hai scelto il titolo del disco?

Ho cercato di creare un tutt’uno con l’artwork, sempre di mia realizzazione: diciamo che sono state le immagini a guidarmi parzialmente. Ho voluto interpretare l’idea che l’arte sia come una fiamma che vada continuamente alimentata affinché l’artista non cada nell’ oblio. Ovvero quello che darebbe successo alla mia musica se non mi fossi deciso a pubblicarla nonostante il tempo trascorso dal demo del 1998.

A cosa ti ispiri quando componi? 

Il primo passo è entrare nella mia “Room of Doom” e isolarmi dal mondo con l’idea di dedicarmi completamente alla musica: poi, nel decidere tra esercitarmi con qualche strumento o ascoltare  qualche nuovo album, finisco quasi sempre ad improvvisare con la chitarra fino a far emergere qualche idea o riff nuovo, che poi suono e risuono ostinatamente in loop aggiungendo gli altri strumenti. A volte questi singoli spunti vengono volutamente “dimenticati” e accantonati: l’idea di creare un “contenitore” di idee è molto utile perché in caso di calo creativo ho sempre qualcosa su cui lavorare. Direi che la chiave quindi più che l’ispirazione sia l’improvvisazione. 


Quali sono gli elementi della tua musica che possono incuriosire un tuo potenziale ascoltatore e quali sono quindi le qualità principali del tuo nuovo album?

Devo premettere che progressive rock è stato una forte influenza nella mia formazione, pur non essendo il mio genere primario. Ho ascoltato anche molto progressive metal negli anni, ma ho presto capito che stava diventando un genere di “maniera” troppo infarcito di sterili tecnicismi …L’ uso dei tempi dispari, ad esempio, è presente in diversi dei miei brani, ma è sempre funzionale alla musica, mai fine a se stesso. Il brano “7even” ad esempio, strumentale, deve il suo nome proprio alla figura metrica principale…Uno dei miei riff preferiti, devo ammettere, direi forse ispirato inconsapevolmente ai Fates Warning, ma con una componente “orientale”.  Altri brani invece provengono dalla mia fase “pianistica” per cui sono stati scritti principalmente al piano invece che alla chitarra: in questo caso è più marcato l’aspetto sinfonico e gotico della musica, che però ho cercato di rendere più moderno grazie all’ uso di arpeggiatori e synth à la Orzic Tentacles. Nell’ album quindi c’è una varietà in grado di solleticare  ascoltatori proveniente dal prog, dal metal, dalla pischedelia e dal mondo dark.

Quale è il brano di questo nuovo disco al quale ti senti particolarmente legato sia da un punto di vista tecnico che emozionale?

Volendo guardare al futuro direi che ad oggi “The hollow men” è in il brano che meglio rappresenta il mio sound e songwriting attuale, dando vita a tutte gli aspetti diversi che rappresentano Visionoir. E’ presente  la componente “progressive”, ma solo per quanto riguarda la scelta di un arrangiamento ricco e senza schemi predefiniti; c’è la epicità data dal “doom-metal”, con un alternarsi di riff lenti e potenti, ma anche qualche accelerazione ( non sopporto la piattezza e la staticità ). Non a caso l’ho scelta anche per il primo video, avendo anche una lunghezza non eccessiva, tipico aspetto del “progressive” che a volte ne ostacola la fruizione.

Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo sound?

Molto difficile questa autoanalisi, quindi in ordine sparso e di getto ti rispondo: Tiamat, Katatonia, Porcupine Tree, Anathema, Amorphis, Devin Townsend, Opeth, Ozric Tentacles, Candlemass, Rush, Black Sabbath, King Crimson…fermatemi ! 


Quali sono le tue mosse future? Puoi anticiparci qualcosa? 

Sto già lavorando al prossimo album: non posso certo permettermi i tempi del debutto anche perché ormai si rischia di finire nel dimenticatoio in tempi brevissimi. Le recensioni positive fin qui raccolte sono ovviamente uno stimolo ulteriore. L’album avrà un sound più compatto in quanto composto in un arco temporale ristretto, ma non mancheranno ovviamente novità e sorprese, magari con qualche ospite vocale stavolta.

Internet ti ha danneggiato o ti ha dato una mano come musicista?

Senza Internet non saremmo qui a parlare, dunque i pro sono abbastanza evidenti, a livello di conoscenza e socializzazione a livello globale. Per contro c’è l’annoso dilemma dei contenuti (musica, film, etc) a cui ormai il pubblico pretende di poter accedere liberamente. Immagino che i danni maggiori siano per chi fa della musica una professione, mentre per l’ ”underground” la rete sia una grandissima opportunità, anche se estremamente frammentaria. 


Il genere che suoni quanto valorizza il tuo talento di musicista?

Trattandosi di un progetto cosi personale e individuale il genere e il sound mi rappresentano al 100% e non potrebbe essere diversamente. Il vantaggio inoltre è di non avere bisogno di mettere in mostra nessuna capacità tecnica o solistica in particolare perché mi interessa solo il risultato d’ “insieme”. 

C’è un musicista con il quale vorresti collaborare un giorno?

Sicuramente Kristoffer Rygg degli Ulver. La sua voce mi manda in estasi.

Siamo arrivati alla conclusione. Ti va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Oltre ad invitarli ad ascoltare il mio album, disponibile per l’acquisto su Bandcamp, ma presente anche su tutte le piattaforme digitali una raccomandazione: non smettete mai di cercare e ascoltare musica nuova !

Maurizio Mazzarella